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“Saturday afternoon” (Decalogo)
by Aldo Runfola
ripresa audiovisiva di un tragitto in macchina lungo le strade di Londra un sabato pomeriggio d’estate.
Il punto di partenza e quello d’arrivo sono rispettivamente l’abitazione e lo studio dell’autore. Su questo itinerario che riprende e amplia la figura topica dello studio dell’artista intento a mappare lo spazio intorno a sé per riprodurre idealmente il percorso che milioni di persone compiono ogni giorno dalle proprie case ai luoghi di lavoro, viene ad inscriversi con forza evocativa inattesa perché non premeditata la parola biblica di un brano del Deuteronomio (il decalogo, secondo discorso di Mosé).
L’intenzione esplicita dell’autore è quella di sondare in che misura il testo sacro possa dirsi attuale ed eventualmente precisarne la natura.
La rilevazione/rivelazione, se così si può dire, è resa possibile dal confronto
tra le due realtà, il tracciato mondano e la scansione del testo che, unico elemento di spettacolarizzazione, viene riprodotto ‘in diretta’, come se qualcuno battesse sui tasti di una vecchia macchina da scrivere, drammatizzando la parola, qui ed ora.
Brani di musica classica trasmessi da una radio locale definiscono un terzo livello che si pone tra le immagini e le parole del testo, mediazione culturale tra il ‘verbo’ e la realtà.
Immagini musica e parole si presentano come sono senza preventiva interpretazione che non sia già contenuta nella pura presenza, lasciando libero lo spettatore di creare autonomamente, forse con originalità, la propria visione del mondo, il senso mitologico delle cose. Oppure, io credo, constatare l’evidenza, la supremazia della parola sull’immagine.

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Aldo Runfola
Nasce a Palermo (1950), vive a Berlino. Studia filosofia presso l’università Statale di Milano; si definisce anti umanista in prestito alle arti visive. Usa mezzi espressivi diversi, dal video ai ricami di grande formato, esposti in mostre personali e collettive a partire dal 1984. Affascinato e nello stesso tempo sospettoso tanto delle immagini quanto delle parole, concepisce l’arte come una diagnostica sullo stato di salute delle immagini e delle parole. È impegnato attualmente in un nuovo progetto a proposito di ciò che è vivo e ciò che è morto nell’arte.

 

 

” Engagé ” …dal dizionario francese : Engagé est aussi qui est engagé dans un endroit et ne peut en être retiré facilement. Qui prend position, en vertu de ses convictions profondes, sur les problèmes sociaux, politiques ou religieux de son temps.

Il progetto Engagé nasce da un dialogo tra Fosco Valentini e Franco Marinotti in merito alla assenza o alla rarità nell’ espressione artistica contemporanea socialmente impegnata,  ( Arte Politica, Arte sociale ecc.) di quelle libertà essenziali  immaginative, inconsce, simboliche, poetiche ironiche,  sognanti, trascendenti, iridescenti, spirituali, per illuminare e ventilare le problematiche emergenziali del nostro mondo, che viviamo come incubi che ci affliggono nel caos dell’eterno terreno della creazione.  Niente che ci opprima allora, per tornare a sognare a occhi aperti, risessualizzare pensieri e parole ritrovare il marchio di Eros. Dobbiamo superare i significati stabiliti che si sono trasformati in pietre e ritrovare il significato transitorio che é nel gioco, o reciproca azione della luce. Lo spazio Engagé propone di sviluppare un percorso collaterale e sinergico al programma della fondazione Fabbrica del Cioccolato, in controtendenza espressiva quindi con quelle “artistizzazioni”  mutuate dai media che mirano invece a drammatizzare le emergenze ecologiche, sociali e politiche, esasperando il masochismo comunicativo. Engagé vuole dare spazio alle metodologie espressive dell’ Arte Contemporanea, a quei mondi dell’Arte, della Politica, dell’Etica e dell’Estetica che vogliono indagare in questa direzione ” Dionisiaca”, intendendo simbolicamente le scelte artistiche-estetiche che liberano  l’eccesso metaforico, l’esuberanza ironica, l’ebbrezza poetica, l’aforisma dell’esagerazione e del grottesco, sapendo che sia nell’arte sia nella natura umana non esiste una cosa chiamata soddisfazione, non esiste un abbastanza, ma vi é piuttosto un bisogno innato di eccesso, di sfavillio, di esagerazione. La ragione per cui non possiamo vivere senza immaginazione, senza adornare ed esagerare la nostra stessa vita.

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