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35 studenti non sono mai stati in Valle di Blenio, non ne conoscono la realtà, la storia, la fabbrica.

35 studenti, al loro primo anno accademico, non conoscono l’architettura.

Queste estraneità convergono in un percorso didattico per introdurre al mestiere scelto, per esplorare gli spazi, per fare delle proposte per un luogo che non è mai domo della propria storia. Un luogo in continua evoluzione, visto da studenti all’inizio della loro scelta professionale. Immagini, schizzi, modelli, piani, riferimenti, illustrano il cammino di avvicinamento ai temi emersi durante due semestri, mostrati proprio all’interno degli spazi immaginati nella loro trasformazione.

La locazione scelta e l’analisi progettuale che si è svolta hanno suggerito i temi conduttori della ricerca aderendo nelle finalità agli argomenti portanti del programma della Fondazione, foreignness, che indaga sull’estraneità e sull’adattamento o disadattamento al mutare dei contesti e delle situazioni in continuo divenire, temi propri dell’architettura, dell’arte e della società in genere.

L’architettura oscilla tra l’ambizione della sua durata eterna e la realtà delle trasformazioni che la contraddistinguono. L’architettura non cambia unicamente perché si deteriora, perché “invecchia” come un essere vivente, ma anche perché ne cambiano i contenuti, i temi, gli ospiti. È di questo cambiamento che l’atelier di progettazione Canevascini si è occupato, ed è un tema che già caratterizza gli spazi oggetto dello studio. I primi insediamenti erano legati alla produzione alimentare, dapprima come birreria, poi come fabbrica del cioccolato. Oggi l’ambizione, già in corso, è di creare un altro tipo di produzione, quella artistica, o di adattare gli spazi all’abitazione e alla convivenza non convenzionale.

I lavori presentati fanno parte del corso “introduzione al progetto architettonico” all’interno del primo anno dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, che mira a fornire i gli strumenti di approccio al mestiere scelto attraverso temi e sogni realizzabili in luoghi reali. I giovani studenti sono seguiti dall’architetto Canevascini e dai suoi collaboratori: Federica Giovannini, Andrea Scheuber, Ricardo Conde Sousa

Una possibile introduzione all’architettura.

Una possibile lettura della Cima Norma.

Paolo Canevascini nasce a Locarno nel 1966 dove vive fino al 1985, dove inizia gli studi in architettura al Politecnico Federale di Zurigo, dove si diploma nel 1992 con il prof. Dolf Schebli. Durante e dopo gli studi intraprende periodi sabbatici che lo portano a più riprese a percorrere l’America latina. In seguito inizia la pratica professionale presso gli studi di Michele Arnaboldi e Raffaele Cavadini a Locarno. Nel 2000 apre con l’amico e collega Stefano Corecco lo studio canevascini&corecco a Lugano, dove in breve tempo realizzano le prime opere, diverse delle quali nell’ambito pubblico a seguito di concorsi. Parallelamente a questa attività svolge una carriera didattica all’Accademia di Mendrisio, dapprima come assistente dell’architetto Esteban Bonell di Barcellona, poi come docente con un proprio atelier di progettazione architettonica, oppure in seminari internazionali di progetto in Svizzera, Italia e Spagna.

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Intervento di Mario Botta in seno alla presentazione durante il vernissage della mostra “reinventare la fabbrica”.
L’architetto si sofferma sulla “nuova architettura” e la sua valenza politico e sociale nell’interpretare lo spazio e introduce il concetto di “memoria” quale componente essenziale sulla quale devono appoggiarsi i progetti.